Il viaggio del whisky in Giappone è un’avventura affascinante che abbraccia cultura, tradizione e innovazione. La storia inizia nel tardo XIX secolo, quando il Giappone stava attraversando un periodo di modernizzazione rapida, conosciuto come “Rinnovamento Meiji.” Durante questo periodo, il Paese si aprì al commercio e all’influenza straniera, dando inizio alla storia del whisky giapponese.

L’apertura del Giappone al mondo occidentale

Il “Rinnovamento Meiji” o “Restaurazione Meiji” è uno dei periodi più significativi nella storia moderna del Giappone. Iniziato nel 1868 con l’ascesa al trono dell’Imperatore Meiji, questo periodo segnò la fine dello Shogunato Tokugawa e l’inizio di una nuova era di modernizzazione e occidentalizzazione. L’apertura verso il mondo esterno avrebbe avuto un impatto diretto anche sulla storia del whisky giapponese, portando non solo a nuovi scambi commerciali ma anche a un flusso di conoscenze e tecniche.

Durante il periodo Meiji, il Giappone cercò attivamente di assimilare tecnologie, istituzioni e idee provenienti soprattutto dall’Europa e dagli Stati Uniti. Questo accadeva in tutti i settori, dall’industria all’istruzione, e anche la cultura del bere non fu esente da questa ondata di cambiamenti. Furono inviati studenti e funzionari all’estero per studiare e riportare le conoscenze necessarie per modernizzare il paese. Le tecniche di distillazione del whisky, in questo contesto, rappresentavano un’arte che i Giapponesi erano ansiosi di padroneggiare.

Prima del periodo Meiji, il Giappone aveva una lunga tradizione di produzione di bevande alcoliche come il sake e lo shochu. Tuttavia, l’influenza occidentale introdusse nuovi gusti e abitudini. Non solo i whisky importati divennero più popolari, ma anche l’idea di produrre whisky localmente guadagnò terreno.

Anche l’architettura delle distillerie in Giappone rifletteva questo mix di tradizione e modernità. Mentre le strutture seguivano modelli industriali occidentali, spesso gli interni erano decorati in stile giapponese, e i metodi di distillazione erano un mix di tecniche scozzesi e tradizioni locali.

Un altro aspetto interessante è che l’adozione del whisky giunse in un periodo in cui il Giappone stava attraversando profonde trasformazioni sociali. L’occidentalizzazione non era solo un fenomeno tecnologico o commerciale, ma anche culturale. Il whisky divenne un simbolo di status e modernità, apprezzato nei circoli sociali, nelle feste e nelle riunioni d’affari.

Le etichette e i marchi di whisky giapponese spesso riflettono questa fusione culturale. Nomi e loghi possono avere influenze scozzesi o irlandesi, ma le etichette includono anche caratteri giapponesi e design tradizionali. Questa combinazione ha contribuito a rendere il whisky giapponese un prodotto distintivo nel panorama mondiale.

È importante notare che il periodo Meiji gettò le basi per il whisky giapponese, ma la sua crescita e sviluppo continuarono nei decenni successivi, attraverso altri periodi storici come la Showa e l’Heisei. Ogni epoca ha contribuito in modo unico al complesso mosaico del whisky giapponese.

In sintesi, il Rinnovamento Meiji non solo modernizzò il Giappone in termini di infrastrutture e istituzioni, ma aprì anche la porta a nuove forme di espressione culturale e gustativa. Il whisky giapponese è un prodotto di questo storico incontro tra Oriente e Occidente, un incontro che ha portato a una bevanda unica nel suo genere.

L’apertura al mondo esterno durante il periodo Meiji ha quindi seminato i semi per la nascita e il successo del whisky giapponese. E proprio come il Giappone ha assorbito, adattato e poi contribuito alla tecnologia e alla scienza globale, così ha fatto con l’arte della distillazione del whisky, creando prodotti che oggi sono apprezzati e premiati in tutto il mondo.

Uno dei protagonisti principali in questa storia è Masataka Taketsuru, nato nel 1894 in una famiglia che produceva sake. Affascinato dall’arte della distillazione, Taketsuru si trasferì in Scozia nel 1918 per studiare chimica e la produzione del whisky. Frequentò la University of Glasgow e lavorò in diverse distillerie scozzesi, dove apprese i segreti della produzione di whisky.

Tornato in Giappone, Taketsuru si unì a Shinjiro Torii, il fondatore di quello che sarebbe diventato Suntory, uno dei più grandi produttori di bevande alcoliche del Giappone. Insieme, inaugurarono la distilleria Yamazaki nel 1923, la prima distilleria di whisky del Giappone, situata alla periferia di Osaka.

Tuttavia, la collaborazione tra Taketsuru e Torii fu di breve durata. Le loro visioni differivano su come dovrebbe essere il whisky giapponese: mentre Torii voleva un sapore più morbido e adatto al palato giapponese, Taketsuru cercava di replicare la robustezza dei whisky scozzesi. Nel 1934, Taketsuru fondò la sua distilleria, Nikka, a Yoichi, sull’isola di Hokkaido.

Il luogo era scelto accuratamente: il clima di Yoichi era simile a quello della Scozia, il che forniva condizioni ideali per la distillazione. L’acqua pura e l’aria fredda contribuirono a creare un prodotto che portava in sé l’eredità scozzese ma anche una distintiva nota giapponese.

Il whisky giapponese nel dopo guerra

Il whisky giapponese nel dopo guerra

Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, il whisky giapponese iniziò a guadagnare popolarità. L’occupazione americana e l’introduzione delle basi militari straniere favorirono l’espansione del mercato del whisky, e sia Suntory che Nikka divennero marchi riconosciuti.

Nel 1955, Suntory lanciò il suo primo vero whisky di malto singolo, chiamato “Suntory Whisky Shirofuda (White Label).” Questo prodotto segnò un punto di svolta nella produzione di whisky in Giappone, poiché prima di questo, la maggior parte dei whisky erano blend.

Nel 1960, Nikka lanciò il suo primo whisky di malto singolo, chiamato “Nikka Single Malt Yoichi,” consolidando ulteriormente la presenza dei whisky giapponesi di alta qualità nel mercato globale.

I decenni successivi videro un’esplosione di interesse e di qualità nel whisky giapponese. Suntory e Nikka continuarono a dominare, ma nuovi attori entrarono in scena. Ad esempio, la distilleria Chichibu, fondata nel 2008, rapidamente guadagnò un seguito globale.

Non solo le distillerie giapponesi erano ormai in grado di produrre whisky di alta qualità, ma iniziavano anche a vincere premi internazionali. Nel 2001, il “Nikka Yoichi Single Malt” vinse il titolo di “Best of the Best” dalla rivista Whisky Magazine.

Nel 2015, un evento storico scosse il mondo del whisky: il “Yamazaki Single Malt Sherry Cask 2013” di Suntory fu nominato il miglior whisky del mondo da Jim Murray, autore della Whisky Bible. Questo fu un momento decisivo che mise il whisky giapponese sotto i riflettori globali.

La crescente domanda portò anche a una crisi di offerta. Alcune distillerie giapponesi furono costrette a interrompere la produzione di alcune delle loro etichette più popolari, a causa della mancanza di whisky invecchiato necessario per i blend.

Tuttavia, il settore si adattò rapidamente, con l’introduzione di etichette senza indicazione di età e l’utilizzo di tecniche innovative di invecchiamento e distillazione per mantenere la qualità alta. Ad esempio, la distilleria Komagatake sperimentò con botti di quercia giapponese Mizunara, per aggiungere un tocco locale al loro prodotto.

Nonostante le sfide, il whisky giapponese continua a crescere sia in termini di produzione che di reputazione. Con un occhio al passato e uno al futuro, il Giappone è ora riconosciuto come una potenza nel mondo del whisky.

Oltre ai grandi nomi come Suntory e Nikka, distillerie più piccole come Wakatsuru e Saburomaru stanno emergendo, offrendo interpretazioni uniche del whisky e contribuendo alla diversità del panorama.

In termini di consumo, il whisky giapponese è apprezzato in molti modi diversi: puro, con ghiaccio, o come parte di cocktail innovativi. Il “Highball,” un cocktail di whisky e soda, è particolarmente popolare in Giappone e ha contribuito a democratizzare il consumo di whisky nel Paese.

Il viaggio del whisky in Giappone è una storia di passione, dedizione e innovazione. È un viaggio che ha visto il Giappone passare da un novizio nel mondo del whisky a un vero e proprio protagonista, capace di coniugare l’eccellenza scozzese con un inconfondibile tocco giapponese.

Oggi, il whisky giapponese è più che una semplice bevanda: è un simbolo di come il Giappone ha saputo accogliere e reinventare una tradizione straniera, rendendola profondamente propria. E con la continua espansione delle distillerie e la sperimentazione di nuove tecniche, il futuro del whisky giapponese sembra essere altrettanto luminoso quanto il suo passato ricco di storia.